UNA PROFESSIONE NON DI SOLE PAROLE

Sappiamo bene quanto il nostro modo di comunicare possa influire non solo con le parole, nella relazione con noi stessi e con l’altro.

Si perché..

la COMUNICAZIONE NON è FATTA di SOLE PAROLE!

Quanto diciamo con il nostro SILENZIO? Quanto diciamo con i nostri movimenti e la nostra POSTURA?

Nella relazione con il nostro assistito spesso basta uno sguardo o anche solo un tocco una carezza. Lo abbiamo sperimentato nella Pandemia dove le barriere tra noi e gli altri sembravano non abbassarsi più. Il virus della paura il virus della solitudine. Eppure abbiamo assistito, ci siamo presi cura, la relazione con il nostro paziente l’abbiamo garantita nonostante spesso l’impossibilità di usare la parola come strumento principale di comunicazione.

Ma la relazione con noi stessi? Quale è stato il nostro dialogo interiore? Abbiamo subito o gestito le nostre emozioni? Quale prezzo ha dovuto pagare il professionista sanitario, per la re-azione immediata in risposta al lungo periodo pandemico?

Paura, rabbia, dolore, frustrazione, ansia.

A proposito di DOLORE, ho sentito colleghi che nel periodo successivo alla pandemia si sono ritrovati a fare i conti con l’insonnia la depressione in un mix di reazioni disfunzionali come tentare di negare, cancellare o rimuovere il dolore, sforzandosi di non pensarci o sedandosi chimicamente (anziché annullarlo, questo comportamento lo prolunga); nascondere il proprio dolore per manifestare forza di carattere; lamentarsi continuamente e con chiunque del proprio dolore (anche se nell’immediato ha una funzione di sfogo, nel lungo periodo peggiora la sofferenza); tormentarsi e rimuginare sui sensi di colpa. Ogni tentativo di sopprimere o cancellare la reazione depressiva rischia paradossalmente di prolungarla.

Oppure colleghi pervasi dalla PAURA con un atteggiamento di «evitamento generalizzato» assumendo in molti casi dei comportamenti fuori da ogni logica razionale, rimuginio o dubbi ossessivi non risolvibili col ragionamento sulla possibilità di essere rimasti contaminati dopo aver toccato qualcosa, di non essersi disinfettati a sufficienza; paura di contaminare i propri cari, i figli. Evitamento della socialità, si perché noi lavoriamo nel Covid. M la paura è lecita, non bisogna quindi combatterla per azzerarla, ma farla rientrare sotto la soglia oltre la quale diventa disadattiva. Al contempo, occorre interrompere le reazioni disfunzionali e sostituirle con reazioni più funzionali. Per compiere questo passaggio in modo efficace, non serve come detto appellarsi alla ragionevolezza, ma occorre utilizzare la «forza della paura» contro la paura stessa. È necessario, in pratica, sintonizzarsi con la paura e creare una paura più grande che inibisca la più piccola.

Ed infine la RABBIA, è l’emozione più contagiosa forse lo è ancora di più del virus. Ma il virus ora sembra averci abbandonato ed invece la rabbia no.

Saper gestire le emozioni significa ricondurle alla loro originale funzione adattiva, senza reprimerle, né manipolarle, né lasciare che si esprimano in maniera incontrollata.

DIALOGARE STRATEGICAMENTE con noi stessi e con gli altri ci consentirà di avere padronanza in ogni COMUNICA-AZIONE verbale e non verbale, liberandoci dalla prigione delle nostre emozioni silenziose e bloccanti.

Chi siamo Raffaella Martini

Sono Raffaella Martini Infermiere Counsel Coach Strategico Libera Professionista, Affiliata Team Nardone Group, attenta in particolar modo alle organizzazioni sanitarie e tutto il loro mondo. Supporto gli esercenti la professione sanitaria nel gestire difficoltà, resistenze al cambiamento e nel raggiungimento di obiettivi. La mia vision: i problemi non finiscono mai ma neanche le soluzioni. Specializzata in: Problem Solving Strategico nelle organizzazioni sanitarie soluzioni semplici a problemi complessi promuovere benessere organizzativo attraverso il coaching; riconoscimento e gestione del burnout.

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